fonte http://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/5930287
Linee guida sui responsabili della protezione dei dati
2.1.3. “LARGA SCALA”
2.1.4. “MONITORAGGIO REGOLARE E SISTEMATICO”
2.1.5. CATEGORIE PARTICOLARI DI DATI E DATI RELATIVI A CONDANNE PENALI E A REATI
2.3. Designazione di un unico RPD per più organismi
2.4. Accessibilità e localizzazione del RPD
2.5. Conoscenze e competenze del RPD
2.6. Pubblicazione e comunicazione dei dati di contatto del RPD
3.2. Risorse necessarie
3.3. Istruzioni e [significato di] “adempiere alle funzioni e ai compiti loro incombenti in maniera indipendente”
3.4. Rimozione o penalizzazioni in rapporto all’adempimento dei compiti di RPD
3.5. Conflitto di interessi
4.2. Il ruolo del RPD nella valutazione di impatto sulla protezione dei dati
4.3. Cooperazione con l’autorità di controllo e funzione di punto di contatto
4.4. Approccio basato sul rischio
4.5. Il ruolo del RPD nella tenuta del registro delle attività di trattamento
5.2. Cosa significa “attività principali”?
5.3. Cosa significa “su larga scala”?
5.4. Cosa significa “monitoraggio regolare e sistematico”?
5.5. E’ ammessa la designazione congiunta di uno stesso RPD da parte di più soggetti? E a quali condizioni?
5.6. Dove dovrebbe collocarsi il RPD?
5.7. Si può designare un RPD esterno?
5.8. Quali sono le qualità professionali che un RPD deve possedere?
Posizione del RPD
5.9. Quali sono le risorse che titolare del trattamento o responsabile del trattamento dovrebbero mettere a disposizione del RPD?
5.10. Quali sono le garanzie che possono consentire al RPD di operare con indipendenza? Cosa significa “conflitto di interessi”?
5.11. Che cosa si intende per “sorvegliare l’osservanza”
5.12. Il RPD è personalmente responsabile in caso di inosservanza degli obblighi in materia di protezione dei dati?
5.13. Quale ruolo spetta al RPD con riguardo alla valutazione di impatto sulla protezione dei dati e alla tenuta del registro dei trattamenti?
1. Introduzione
I RPD non rispondono personalmente in caso di inosservanza del RGPD. Quest’ultimo chiarisce che spetta al titolare del trattamento
o al responsabile del trattamento garantire ed essere in grado di dimostrare che le operazioni di trattamento sono conformi alle disposizioni del regolamento stesso (articolo 24, paragrafo 1). L’onere di assicurare il rispetto della normativa in materia di protezione dei dati ricade sul titolare del trattamento o sul responsabile del trattamento. Inoltre, al titolare del trattamento o al responsabile del trattamento spetta il compito fondamentale di consentire lo svolgimento efficace dei compiti cui il RPD è preposto. La nomina di un RPD è solo il primo passo, perché il RPD deve disporre anche di autonomia e risorse sufficienti per svolgere in modo efficace i propri compiti.
2. Nomina di un RPD
2.1. Nomina obbligatoria
- se il trattamento è svolto da un’autorità pubblica o da un organismo pubblico6;
- se le attività principali del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento consistono in trattamenti che richiedono il monitoraggio regolare e sistematico di interessati su larga scala; oppure
- se le attività principali del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento consistono nel trattamento su larga scala di categorie particolari di dati7 o 8 di dati personali relativi a condanne penali e reati9.
Può essere richiesta dall’autorità di controllo e dovrebbe essere aggiornata ove necessario, per esempio se i titolari del trattamento o i responsabili del trattamento intraprendono nuove attività o forniscono nuovi servizi che potrebbero ricadere nel novero dei casi elencati all’articolo 37, paragrafo 1.
Se si procede alla nomina di un RPD su base volontaria, troveranno applicazione tutti i requisiti di cui agli articoli 37-39 per quanto concerne la nomina stessa, lo status e i compiti del RPD esattamente come nel caso di una nomina obbligatoria.
Nulla osta a che un’azienda o un ente, quando non sia soggetta all’obbligo di designare un RPD e non intenda procedere a tale designazione su base volontaria, ricorra comunque a personale o consulenti esterni incaricati di incombenze relative alla protezione dei dati personali. In tal caso è fondamentale garantire che non vi siano ambiguità in termini di denominazione, status e compiti di queste figure; è dunque essenziale che in tutte le comunicazioni interne all’azienda e anche in quelle esterne (con l’autorità di controllo, gli interessati, i soggetti esterni in genere), queste figure o consulenti non siano indicati con la denominazione di responsabile per la protezione dei dati (RPD)11.
2.1.1. “Autorità Pubblica o Organismo Pubblico”
2.1.2. “Attività principali”
2.1.3. “Larga scala”
- il numero di soggetti interessati dal trattamento, in termini assoluti ovvero espressi in percentuale della popolazione di riferimento;
- il volume dei dati e/o le diverse tipologie di dati oggetto di trattamento;
- la durata, ovvero la persistenza, dell’attività di trattamento;
- la portata geografica dell’attività di trattamento.
- trattamento di dati relativi a pazienti svolto da un ospedale nell’ambito delle ordinarie attività;
- trattamento di dati relativi agli spostamenti di utenti di un servizio di trasporto pubblico cittadino (per esempio, il loro tracciamento attraverso titoli di viaggio);
- trattamento di dati di geolocalizzazione raccolti in tempo reale per finalità statistiche da un responsabile del trattamento specializzato nella prestazione di servizi di questo tipo rispetto ai clienti di una catena internazionale di fast food;
- trattamento di dati relativi alla clientela da parte di una compagnia assicurativa o di una banca nell’ambito delle ordinarie attività;
- trattamento di dati personali da parte di un motore di ricerca per finalità di pubblicità comportamentale;
- trattamento di dati (metadati, contenuti, ubicazione) da parte di fornitori di servizi telefonici o telematici.
Alcuni esempi di trattamento non su larga scala sono i seguenti:
- trattamento di dati relativi a pazienti svolto da un singolo professionista sanitario;
- trattamento di dati personali relativi a condanne penali e reati svolto un singolo avvocato.
2.1.4. “Monitoraggio regolare e sistematico”
- che avviene in modo continuo ovvero a intervalli definiti per un arco di tempo definito;
- ricorrente o ripetuto a intervalli costanti;
- che avviene in modo costante o a intervalli periodici.
L’aggettivo “sistematico” ha almeno uno dei seguenti significati a giudizio del Gruppo di lavoro:
- che avviene per sistema;
- predeterminato, organizzato o metodico;
- che ha luogo nell’ambito di un progetto complessivo di raccolta di dati;
- svolto nell’ambito di una strategia.
Alcune esemplificazioni di attività che possono configurare un monitoraggio regolare e sistematico di interessati : curare il funzionamento di una rete di telecomunicazioni; la prestazione di servizi di telecomunicazioni; il reindirizzamento di messaggi di posta elettronica; attività di marketing basate sull’analisi dei dati raccolti; profilazione e scoring per finalità di valutazione del rischio (per esempio, a fini di valutazione del rischio creditizio, definizione dei premi assicurativi, prevenzione delle frodi, accertamento di forme di riciclaggio); tracciamento dell’ubicazione, per esempio da parte di app su dispositivi mobili; programmi di fidelizzazione; pubblicità comportamentale; monitoraggio di dati relativi allo stato di benessere psicofisico, alla forma fisica e alla salute attraverso dispositivi indossabili; utilizzo di telecamere a circuito chiuso; dispositivi connessi quali contatori intelligenti, automobili intelligenti, dispositivi per la domotica, ecc.
2.1.5. Categorie particolari di dati e dati relativi a condanne penali e reati
Le disposizioni dell’articolo 37, paragrafo 1, lettera c), riguardano il trattamento di categorie particolari di dati ai sensi dell’articolo 9 e di dati personali relativi a condanne penali e a reati di cui all’articolo 10. Nonostante l’utilizzo della congiunzione “e” nel testo, non vi sono motivazioni sistematiche che impongano l’applicazione simultanea dei due criteri. Pertanto, il testo deve essere interpretato come se recasse la congiunzione “o”. [NdT : il testo italiano del regolamento reca già la congiunzione “o”]
2.2. RPD del responsabile del trattamento
- Una piccola azienda a conduzione familiare operante nel settore della distribuzione di elettrodomestici in una città si serve di un responsabile del trattamento la cui attività principale consiste nel fornire servizi di tracciamento degli utenti del sito web oltre all’assistenza per attività di pubblicità e marketing mirati. Le attività dall’azienda e dai clienti non generano trattamenti di dati “su larga scala”, in considerazione del ridotto numero di clienti e della gamma relativamente limitata di attività. Tuttavia, il responsabile del trattamento, che conta numerosi clienti come questa piccola azienda familiare, svolge, nel suo complesso, trattamenti su larga scala. Ne deriva che il responsabile del trattamento deve nominare un RPD ai sensi dell’articolo 37, paragrafo 1 , lettera b); al contempo, l’azienda in quanto tale non è soggetta all’obbligo di nomina del RPD .
- Un’azienda di medie dimensioni che produce rivestimenti in ceramica incarica un responsabile esterno della gestione dei servizi di salute occupazionale; tale responsabile ha un numero elevato di clienti con caratteristiche analoghe. Il responsabile del trattamento è tenuto a nominare un RPD ai sensi dell’ articolo 37, paragrafo 1 , lettera b), poiché svolge trattamenti su larga scala. Tuttavia, l’azienda non è tenuta necessariamente allo stesso adempimento.
Il RPD nominato da un soggetto responsabile del trattamento vigila anche sulle attività svolte da tale soggetto quando operi in qualità di autonomo titolare del trattamento – per esempio, rispetto ai dati concernenti il personale, le risorse informatiche, la logistica.
2.3. Designazione di un unico RPD per più organismi
2.5. Conoscenze e competenze del RPD
Conoscenze specialistiche
Capacità di assolvere i propri compiti
RPD sulla base di un contratto di servizi
2.6. Pubblicazione e comunicazione dei dati di contatto del RPD
- di pubblicare i dati di contatto del RPD, e
- di comunicare i dati di contatto del RPD alle pertinenti autorità di controllo.
Queste disposizioni mirano a garantire che tanto gli interessati (all’interno o all’esterno dell’ente/organismo titolare o responsabile del trattamento) quanto le autorità di controllo possano contattare il RPD in modo facile e diretto senza doversi rivolgere a un’altra struttura operante presso il titolare/responsabile del trattamento. Anche la confidenzialità riveste pari importanza; per esempio, i dipendenti possono essere riluttanti a presentare reclami al RPD se non viene garantita la confidenzialità delle loro comunicazioni. Il RPD è tenuto a osservare le norme in materia di segreto o confidenzialità nello svolgimento dei propri compiti, in conformità del diritto dell’Unione o degli Stati membri ( articolo 38, paragrafo 5). I dati di contatto del RPD dovrebbero comprendere tutte le informazioni che consentono agli interessati e all’autorità di controllo di raggiungere facilmente il RPD stesso: recapito postale, numero telefonico dedicato e/o indirizzo dedicato di posta elettronica. Se opportuno, per facilitare la comunicazione con il pubblico, si potrebbero indicare anche canali ulteriori: una hotline dedicata, un modulo specifico per contattare il RPD pubblicato sul sito del titolare/responsabile del trattamento . In base all’articolo 37 , settimo paragrafo, del RGPD non è necessario pubblicare anche il nominativo del RPD. Seppure ciò rappresenti con ogni probabilità di una buona prassi, spetta al titolare del trattamento o al responsabile del trattamento e allo stesso RPD stabilire se si tratti di un’informazione necessaria o utile nelle specifiche circostanze32 . Tuttavia, comunicare il nominativo del RPD all’autorità di controllo è fondamentale affinché il RPD funga da punto di contatto fra il singolo ente o organismo e l’autorità di contr ollo stessa ( articolo 39, paragrafo 1, lettera e) ).
In termini di buone prassi, il Gruppo di lavoro raccomanda, inoltre, che il titolare/responsabile del trattamento comunichi ai dipendenti il nominativo e i dati di contatto del RPD. Per esempio, queste informazioni (nominativo e dati di contatto) potrebbero essere pubblicate sulla intranet del titolare/responsabile del trattamento, inserite nell’elenco telefonico interno e nei diversi organigrammi della struttura.
3. Posizione del RPD
3.1. Coinvolgimento del RPD in tutte le questioni riguardanti la protezione dei dati personali
- che il RPD sia invitato a partecipare su base regolare alle riunioni del management di alto e medio livello;
- la presenza del RPD ogniqualvolta debbano essere assunte decisioni che impattano sulla protezione dei dati. Il RPD deve disporre tempestivamente di tutte le informazioni pertinenti in modo da poter rendere una consulenza idonea;
- che il parere del RPD riceva sempre la dovuta considerazione. In caso di disaccordi, il Gruppo di lavoro raccomanda, quale buona prassi, di documentare le motivazioni che hanno portato a condotte difformi da quelle raccomandate dal RPD;
- che il RPD sia consultato tempestivamente qualora si verifichi una violazione dei dati o un altro incidente.
3.2. Risorse necessarie
- supporto attivo delle funzioni del RPD da parte del senior management (per esempio, a livello del consiglio di amministrazione);
- tempo sufficiente per l’espletamento dei compiti affidati al RPD. Ciò riveste particolare importanza se viene designato un RPD interno con un contratto part-time, oppure se il RPD esterno si occupa di protezione dati oltre a svolgere altre incombenze. In caso contrario, il rischio è che le attività cui il RPD è chiamato finiscano per essere trascurate a causa di conflitti con altre priorità. È fondamentale disporre di tempo sufficiente da dedicare allo svolgimento dei compiti previsti per il RPD; una prassi da raccomandare consiste nel definire la percentuale del tempo lavorativo destinata alle attività di RPD quando quest’ultimo svolga anche altre funzioni. Un’altra buona prassi consiste nello stabilire il tempo necessario per adempiere alle relative incombenze, definire il livello di priorità spettante a tale incombenze, e prevedere che il RPD stesso (ovvero l’azienda/l’organismo titolare o responsabile) rediga un piano di lavoro;
- supporto adeguato in termini di risorse finanziarie, infrastrutture (sede, attrezzature, strumentazione) e, ove opportuno, personale;
- comunicazione ufficiale della nomina del RPD a tutto il personale, in modo da garantire che la sua presenza e le sue funzioni siano note all’interno dell’azienda/dell’organismo;
- accesso garantito ad altri servizi (risorse umane, ufficio giuridico, IT, sicurezza, ecc.) così da fornire al RPD supporto, informazioni e input essenziali;
- formazione permanente. I RPD devono avere l a possibilità di curare il proprio aggiornamento con riguardo agli sviluppi nel settore della protezione dati. Ciò mira, in ultima analisi, a consentire un incremento continuo del livello di competenze proprio dei RPD, che dovrebbero essere incoraggiati a partecipare a corsi di formazione su materie attinenti alla protezione dei dati e ad altre occasioni di professionalizzazione (forum in materia di privacy, workshop, ecc.);
- alla luce delle dimensioni e della struttura della singola azienda/del singolo organismo, può risultare necessario costituire un ufficio o un gruppo di lavoro RPD (formato dal RPD stesso e dal rispettivo personale). In casi del genere, è opportuno definire con precisione la struttura interna del gruppo di lavoro nonché i compiti e le responsabilità individuali. Analogamente, se la funzione di RPD viene esercitata da un fornitore di servizi esterno all’azienda/all’organismo, potrà aversi la costituzione di un gruppo di lavoro formato da soggetti operanti per conto di tale fornitore e incaricati di svolgere le funzioni di RPD sotto la direzione di un responsabile che funga da contatto per il cliente
In linea di principio, quanto più aumentano complessità e/o sensibilità dei trattamenti, tanto maggiori devono essere le risorse messe a disposizione del RPD. La funzione “protezione dati” deve poter operare con efficienza e contare su risorse sufficienti in proporzione al trattamento svolto.
3.3. Istruzioni e [significato di] “ adempiere alle funzioni e ai compiti loro incombenti in maniera indipendente”
L’ articolo 38, paragrafo 3, fissa alcune garanzie essenziali per consentire ai RPD di operare con un grado sufficiente di autonomia all’interno dell’organizzazione del titolare/responsabile del trattamento . In particolare, questi ultimi sono tenuti ad assicurare che il RPD “ non riceva alcuna istruzione per quanto riguarda l’esecuzione di tali compiti ”. Il considerando 97 aggiunge che i RPD “ dipendenti o meno del titolare del trattamento, dovrebbero poter adempiere alle funzioni e ai compiti loro incombenti in maniera indipendente ”.
Ciò significa che il RPD, nell’esecuzione dei compiti attribuitigli ai sensi dell’articolo 39, non deve ricevere istruzioni sull’approccio da seguire nel caso specifico – quali siano i risultati attesi, come condurre gli accertamenti su un reclamo, se consultare o meno l’autorità di controllo. Né deve ricevere istruzioni sull’interpretazione da dare ad una specifica questione attinente alla normativa in materia di protezione dei dati.
Tuttavia, l’autonomia del RPD non significa che quest’ultimo disponga di un margine decisionale superiore al perimetro dei compiti fissati nell’articolo 39.
Il titolare del trattamento o il responsabile del trattamento mantengono la piena responsabilità dell’osservanza della normativa in materia di protezione dei dati e devono essere in grado di dimostrare tale osservanza34. Se il titolare del trattamento o il responsabile del trattamento assumono decisioni incompatibili con il RGPD e le indicazioni fornite dal RPD, quest’ultimo dovrebbe avere la possibilità di manifestare il proprio dissenso al più alto livello del management e ai decisori.
Al riguardo, l’articolo 38, paragrafo 3, prevede che il RPD “riferisce direttamente al vertice gerarchico del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento”. Tale rapporto diretto garantisce che il vertice amministrativo (per esempio, il consiglio di amministrazione) sia a conoscenza delle indicazioni e delle raccomandazioni fornite dal RPD nel quadro della sue funzioni di informazione e consulenza a favore del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento. Un altro esempio di tale rapporto diretto consiste nella redazione di una relazione annuale delle attività svolte dal RPD da sottoporre al vertice gerarchico.
3.4. Rimozione o penalizzazioni in rapporto all’adempimento dei compiti di RPD
L’ articolo 38, paragrafo 3, prevede che il RPD “non è rimosso o penalizzato dal titolare del trattamento o dal responsabile del trattamento per l’adempimento dei propri compiti”. Questa prescrizione mira a potenziare l’autonomia del RPD e ad assicurarne l’indipendenza nell’adempimento dei compiti assegnatigli, attraverso la previsione di un’adeguata tutela. Il divieto di penalizzazioni menzionato nel RGPD si applica solo con riguardo a quelle penalizzazioni eventualmente derivanti dallo svolgimento dei compiti propri del RPD. Per esempio, un RPD può ritenere che un determinato trattamento comporti un rischio elevato e quindi raccomandare al titolare del trattamento o al responsabile del trattamento di condurre una valutazione di impatto, ma questi ultimi non concordano con la valutazione del RPD . In casi del genere non è ammissibile che il RPD sia rimosso dall’incarico per avere formulato la raccomandazione in oggetto. Le penalizzazioni possono assumere molte forme e avere natura diretta o indiretta. Per esempio, potrebbero consistere nella manca ta o ritardata promozione, nel blocco delle progressioni di carriera, nella mancata concessione di incentivi rispetto ad altri dipendenti. Non è necessario che si arrivi all’effettiva applicazione di una penalizzazione, essendo sufficiente anche la sola minaccia nella misura in cui sia rivolta al RPD in rapporto alle attività da questi svolte.
Viceversa, e conformemente alle normali regole di gestione applicabili a ogni altro dipendente o fornitore soggetto alla disciplina del rispettivo contratto nazional e ovvero alle norme di diritto penale e del lavoro, sarebbe legittimamente possibile interrompere il rapporto con il RPD per motivazioni diverse dallo svolgimento dei compiti che gli sono propri: per esempio, in caso di furto, molestie sessuali o di a ltro genere, o altre analoghe e gravi violazioni deontologiche.
In questo ambito va rilevato che il RGPD non specifica le modalità e la tempistica riferite alla cessazione del rapporto di lavoro del RPD o alla sua sostituzione. Tuttavia, quanto maggiore è la stabilità del contratto stipulato con il RPD e maggiori le tutele previste contro l’ ingiusto licenziamento, tanto maggiore sarà la probabilità che l’azione del RPD si svolga in modo indipendente. Il Gruppo di lavoro vede, quindi, con favore ogni iniziativa assunta in tal senso dai titolari del trattamento e responsabili del trattamento.
3.5. Conflitto di interessi
In base all’articolo 38, paragrafo 6, al RPD è consentito di “svolgere altri compiti e funzioni”, ma a condizione che il titolare del trattamento o il responsabile del trattamento si assicuri che “ tali compiti e funzioni non diano adito a un conflitto di interessi”.
L’assenza di conflitti di interessi è strettamente connessa agli obblighi di indipendenza. Anche se un RPD può svolgere altre funzioni, l’affidamento di tali ulteriori compiti e funzioni è possibile solo a condizione che essi non diano adito a conflitti di interessi. Ciò significa, in modo particolare, che un RPD non può rivestire, all’interno dell’organizzazione del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento, un ruolo che comporti la definizione delle finalità o modalità del trattamento di dati personali. Si tratta di un elemento da tenere in considerazione caso per caso guardando alla specifica struttura organizzativa del singolo titolare del trattamento o responsabile del trattamento.
A grandi linee, possono sussistere situazioni di conflitto all’interno dell’organizzazione del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento riguardo a ruoli manageriali di vertice (amministratore delegato, responsabile operativo, responsabile finanziario, responsabile sanitario, direzione marketing, direzione risorse umane, responsabile IT), ma anche rispetto a posizioni gerarchicamente inferiori se queste ultime comportano la determinazione di finalità o mezzi del trattamento. Inoltre, può insorgere un conflitto di interessi se, per esempio, a un RPD esterno si chiede di rappresentare il titolare o il responsabile in un giudizio che tocchi problematiche di protezione dei dati.
A seconda delle attività, delle dimensioni e della struttura organizzativa del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento, si possono indicare le seguenti buone prassi:
- individuare le qualifiche e funzioni che sarebbero incompatibili con quella di RPD;
- redigere regole interne a tale scopo onde evitare conflitti di interessi;
- prevedere un’illustrazione più articolata dei casi di conflitto di interessi;
- dichiarare che il RPD non versa in alcuna situazione di conflitto di interessi con riguardo alle funzioni di RPD, al fine di sensibilizzare rispetto al requisito in questione;
- prevedere specifiche garanzie nelle regole interne e fare in modo che nel segnalare la disponibilità di una posizione lavorativa qual e RPD ovvero nel redigere il contratto di servizi si utilizzino formulazioni sufficientemente precise e dettagliate così da prevenire conflitti di interessi. Al riguardo, si deve ricordare, inoltre, che un conflitto di interessi può assumere varie configurazioni a seconda che il RPD sia designato fra soggetti interni o esterni all’organizzazione.
4. Compiti del RPD
4.1. Sorvegliare l’osservanza del RGPD
L’ articolo 39, paragrafo 1, lettera b), affida al RPD , fra gli altri, il compito di sorvegliare l’osservanza del RGPD. Nel consider ando 97 si specifica che il titolare del trattamento o il responsabile del trattamento dovrebbe essere “assistito [dal RPD] nel controllo del rispetto a livello interno del presente regolamento”.
Fanno parte di questi compiti di controllo svolti dal RPD, in particolare,
- la raccolta di informazioni per individuare i trattamenti svolti;
- l’analisi e la verifica dei trattamenti in termini di loro conformità;
- l’attività di informazione, consulenza e indirizzo nei confronti di titolare o responsabile.
Il controllo del rispetto del regolamento non significa che il RPD sia personalmente responsabile in caso di inosservanza. Il RGPD chiarisce che spetta al titolare, e non al RPD , “mette[re] in atto misure tecniche e organizzative adeguate per garantire, ed essere in grado di dimostrare, che il trattamento è effettuato conformemente al presente regolamento” ( articolo 24, paragrafo 1). Il rispetto delle norme in materia di protezione dei dati fa parte della responsabilità d’impresa del titolare del trattamento, non del RPD .
4.2. Il ruolo del RPD nella valutazione di impatto sulla protezione dei dati
In base all’ articolo 35, paragrafo 1, spetta al titolare del trattamento, e non al RPD, condurre, ove necessario, una valutazione di impatto sulla protezione dei dati (DPIA, nell’acronimo inglese). Tuttavia, il RPD svolge un ruolo fondamentale e di grande utilità assistendo il titolare nell o svolgimento di tale DPIA. In ossequio al principio di “protezione dei dati fin dalla fase di progettazione” (o data protection by design), l’articolo 35, paragrafo 2, prevede in modo specifico che il titolare “si consulta” con il RPD quando svolge una DPIA. A sua volta, l’articolo 39, paragrafo 1 , lettera c) affida al RPD il compito di “fornire, se richiesto, un parere in merito alla valutazione di impatto sulla protezione dei dati e sorvegliarne lo svolgimento ai sensi dell’articolo 35”.
Il Gruppo di lavoro raccomanda che il titolare del trattamento si consulti con il RPD, fra l’altro, sulle seguenti tematiche35:
- se condurre o meno una DPIA;
- quale metodologia adottare nel condurre una DPIA;
- se condurre la DPIA con le risorse interne ovvero esternalizzandola;
- quali salvaguardie applicare, comprese misure tecniche e organizzative, per attenuare i rischi per i diritti e gli interessi delle persone interessate;
- se la DPIA sia stata condotta corrett amente o meno, e se le conclusioni raggiunte (procedere o meno con il trattamento, e quali salvaguardie applicare) siano conformi al RGPD.
Qualora il titolare del trattamento non concordi con le indicazioni fornite dal RPD, è necessario che la documentazione relativa alla DPIA riporti specificamente per iscritto le motivazioni per cui si è ritenuto di non conformarsi a tali indicazioni36 . Inoltre, il Gruppo di lavoro raccomanda che il titolare del trattamento definisca con chiarezza, per esempio nel contratto stipulato con il RPD, ma anche fornendo informative ai dipendenti, agli amministratori e, ove pertinente, ad altri aventi causa, i compiti specificamente affidati al RPD e i rispettivi ambiti, con particolare riguardo alla conduzione della DPIA.
4.3. Cooperazione con l’autorità di controllo e funzione di punto di contatto
In base all’articolo 39, paragrafo 1, lettere d) ed e), il RPD deve “cooperare con l’autorità di controllo” e “fungere da punto di con tatto per l’autorità di controllo per questioni connesse al trattamento, tra cui la consultazione preventiva di cui all’articolo 36, ed effettuare, se del caso, consultazioni relativamente a ogni altra questione”.
Questi compiti attengono al ruolo di “facilitatore” attribuito al RPD e già menzionato nell’introduzione alle presenti linee guida. Il RPD funge da punto di contatto per facilitare l’accesso, da parte dell’autorità di controllo, ai documenti e alle informazioni necessarie per l’adempimento dei compiti attribuitile dall’articolo 57 nonché ai fini dell’esercizio dei poteri di indagine, correttivi, autorizzativi e consultivi di cui all’articolo 58. Si è già rilevato che il RPD è tenuto al rispetto delle norme in materia di segreto o riservatezza, in conformità del diritto dell’Unione o degli Stati membri (articolo 38, paragrafo 5); tuttavia, tali vincoli di segreto/riservatezza non precludono la possibilità per il RPD di contattare e chiedere lumi all’autorità di controllo. L’articolo 39, paragrafo 1, prevede che il RPD possa consultare l’autorità di controllo con riguardo a qualsiasi altra questione, se del caso.
4. 4 . Approccio basato sul rischio
In base all’articolo 39, paragrafo 2, il RPD deve “considera[re] debitamente i rischi inerenti al trattamento, tenuto conto della natura, dell’ambito di applicazione, del contesto e delle finalità del medesimo”.
Si tratta di una disposizione di portata generale e ispirata a criteri di buon senso, verosimilmente applicabile sotto molti riguardi all’attività quotidiana del RPD. In sostanza, si chiede al RPD di definire un ordine di priorità nell’attività svolta e di concentrarsi sulle questioni che presentino maggiori rischi in termini di protezione dei dati. Seppure ciò non significhi che il RPD debba trascurare di sorvegliare il grado di conformità di altri trattamenti associati a un livello di rischio comparativamente inferiore, di fatto la disposizione segnala l’opportunità di dedicare attenzione prioritaria agli ambiti che presentino rischi più elevati.
Attraverso questo approccio selettivo e pragmatico, il RPD dovrebbe essere più facilmente in grado di consigliare al titolare quale metodologia seguire nel condurre una DPIA, a quali settori riservare un audit interno o esterno in tema di protezione dei dati, quali attività di formazione interna prevedere per il personale o gli amministratori che trattino dati personali, e a quali trattamenti dedicare maggiori risorse e tempo.
4. 5 . Il ruolo del RPD nella tenuta del registro delle attività di trattamento
L’articolo 30, primo e paragrafo 2, prevede che sia il titolare del trattamento o il responsabile del trattamento, e non il RPD , a “ten[ere] un registro delle attività di trattamento svolte sotto la propria responsabilità” ovvero “un registro di tutte le categorie di trattamento svolte per conto di un titolare del trattamento ”.
Nella realtà, sono spesso i RPD a realizzare l’inventario dei trattamenti e tenere un registro di tali trattamenti sulla base delle informazioni fornite loro dai vari uffici o unità che trattano dati personali. È una prassi consolidata e fondata sulle disposizioni di numerose leggi nazionali nonché sulla normativa in materia di protezione dati applicabile alle istituzioni e agli organismi dell’UE37 .
L’articolo 39, paragrafo 1, contiene un elenco non esaustivo dei compiti affidati al RPD. Pertanto, niente vieta al titolare del trattamento o al responsabile del trattamento di affidare al RPD il compito di tenere il registro delle attività di trattamento sotto la responsabilità del titolare o del responsabile stesso. Tale registro va considerato uno degli strumenti che consentono al RPD di adempiere agli obblighi di sorveglianza del rispetto del regolamento, informazione e consulenza nei riguardi del titolare de l trattamento o del responsabile del trattamento.
In ogni caso, il registro la cui tenuta è obbligatoria ai sensi dell’articolo 30 deve essere considerato anche uno strumento che consente al titolare del trattamento e all’autorità di controllo, su richiesta, di disporre di un quadro complessivo dei trattamenti di dati personali svolti dallo specifico soggetto. In quanto tale, esso costituisce un presupposto indispensabile ai fini dell’osservanza delle norme e, pertanto, un’efficace misura di responsabilizzazione.
5. ALLEGATO ALLE LINEE GUIDA SUL RPD – INDICAZIONI ESSENZIALI
L’allegato intende rispondere, in forma sintetica e semplificata, ad alcune delle domande fondamentali rispetto al nuovo obbligo di designazione di un RPD fissato nel regolamento generale sulla protezione dei dati Designazione del RPD.
5.1. Chi è tenuto a designare un RPD?
La designazione di un RPD è obbligatoria:
- se il trattamento è svolto da un’autorità pubblica o da un organismo pubblico;
- se le attività principali del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento consistono in trattamenti che richiedono il monitoraggio regolare e sistematico di interessati su larga scala; oppure
- se le attività principali del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento consistono nel trattamento su larga scala di categorie particolari di dati o di dati personali relativi a condanne penali e reati. Si tenga presente che la designazione obbligatoria di un RPD può essere prevista anche in casi ulteriori in base alla legge nazionale o al diritto dell’ UE . Inoltre, anche ove la designazione di un RPD non sia obbligatoria, può risultare utile procedere a tale designazione su base volontaria. Il Gruppo di lavoro “Articolo 29” ( Gruppo di lavoro) incoraggia un approccio di questo genere. Qualora si proceda alla designazione di un RPD su base volontaria, si applicano gli identici requisiti – in termini di criteri per la designazione, posizione e compiti – che valgono per i RPD designati in via obbligatoria.
Fonte: articolo 37(1) RGPD
5.2. Cosa significa “attività principali”?
Con “attività principali” si possono intendere le operazioni essenziali che sono necessarie al raggiungimento degli obiettivi perseguiti dal titolare del trattamento o dal responsabile del trattamento, comprese tutte quelle attività per le quali il trattamento dei dati è inscindibilmente connesso all’attività del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento. Per esempio, il trattamento di dati relativi alla salute (come le cartelle sanitarie dei pazienti) è da ritenersi una delle attività principali di qualsiasi ospedale; ne deriva che tutti gli ospedali dovranno designare un RPD. D’altra parte, tutti gli organismi (pubblici e privati) svolgono determinate attività quali il pagamento delle retribuzioni al personale ovvero dispongono di strutture standard di supporto informatico. Si tratta di esempi di funzioni di supporto necessarie ai fini dell’attività principale o dell’oggetto principale del singolo organismo, ma pur essendo necessarie o 28 perfino essenziali sono considerate solitamente di natura accessoria e non vengono annoverate fra le attività principali.
Fonte: articolo 37, paragrafo 1, lettere b) e c) RGPD
5.3. Cosa significa “su larga scala”?
Il regolamento non definisce cosa rappresenti un trattamento “su larga scala”. Il Gruppo di lavoro raccomanda di tenere conto, in particolare, dei fattori qui elencati al fine di stabilire se un trattamento sia effettuato su larga scala:
- il numero di soggetti interessati dal trattamento, in termini assoluti ovvero espressi in percentuale della popolazione di riferimento;
- il volume dei dati e/o le diverse tipologie di dati oggetto di trattamento;
- a durata, ovvero la persistenza, dell’attività di trattamento;
- la portata geografica dell’attività di trattamento.
Alcuni esempi di trattamento su larga scala sono i seguenti:
- trattamento di dati relativi a pazienti svolto da un ospedale nell’ambito delle ordinarie attività;
- trattamento di dati relativi agli spostamenti di utenti di un servizio di trasporto pubblico cittadino (per esempio, il loro tracciamento attraverso titoli di viaggio);
- trattamento di dati di geolocalizzazione raccolti in tempo reale per finalità statistiche da un responsabile specializzato nella prestazione di servizi di questo tipo rispetto ai clienti di una catena internazionale di fast food;
- trattamento di dati relativi alla clientela da parte di una compagnia assicurativa o di una banca nell’ambito delle ordinarie attività;
- trattamento di dati personali da parte di un motore di ricerca per finalità di pubblicità comportamentale;
- trattamento di dati (metadati, contenuti, ubicazione) da parte di fornitori di servizi telefonici o telematici.
Alcuni esempi di trattamento non su larga scala sono i seguenti:
- trattamento di dati relativi a pazienti svolto da un singolo professionista sanitario;
- trattamento di dati personali relativi a condanne penali e reati svolto da un singolo avvocato.
Fonte: articolo 37, paragrafo 1, lettere b) e c), RGPD
5.4. Cosa significa “monitoraggio regolare e sistematico”?
Il concetto di monitoraggio regolare e sistematico degli interessati non trova definizione all’interno del RGPD; tuttavia, esso comprende senza dubbio tutte le forme di tracciamento e profilazione su Internet anche per finalità di pubblicità comportamentale. Non si tratta, però, di un concetto riferito esclusivamente all’ambiente online.
Alcune esemplificazioni di attività che possono configurare un monitoraggio regolare e sistematico di interessati: curare il funzionamento di una rete di telecomunicazioni; la prestazione di servizi di telecomunicazioni; il reindirizzamento di messaggi di posta elettronica; attività di marketing basate sull’analisi dei dati raccolti; profilazione e scoring per finalità di valutazione del rischio (per esempio, a fini di valutazione del rischio creditizio, definizione dei premi assicurativi, prevenzione delle frodi, accertamento di forme di riciclaggio); tracciamento dell’ubicazione, per esempio da parte di app su dispositivi mobili; programmi di fidelizzazione; pubblicità comportamentale; monitoraggio di dati relativi allo stato di benessere psicofisico, alla forma fisica e alla salute attraverso dispositivi indossabili; utilizzo di telecamere a circuito chiuso; dispositivi connessi quali contatori intelligenti, automobili intelligenti, dispositivi per la domotica, ecc.
L’aggettivo “regolare” ha almeno uno dei seguenti significati a giudizio del Gruppo di lavoro :
- che avviene in modo continuo ovvero a intervalli definiti per un arco di tempo definito;
- ricorrente o ripetuto a intervalli costanti;
- che avviene in modo costante o a intervalli periodici.
L’aggettivo “sistematico” ha almeno uno dei seguenti significati a giudizio del Gruppo di lavoro :
- che avviene per sistema;
- predeterminato, organizzato o metodico;
- che ha luogo nell’ambito di un progetto complessivo di raccolta di dati;
- svolto nell’ambito di una strategia.
Fonte : articolo 37, paragrafo 1, lettera b), RGPD
5.5. E’ ammessa la designazione congiunta di uno stesso RPD da parte di più soggetti? E a quali condizioni?
Sì. Un gruppo imprenditoriale può nominare un unico RPD a condizione che quest’ultimo sia “facilmente raggiungibile da ciascuno stabilimento”. Il concetto di raggiungibilità si riferisce ai compiti del RPD in quanto punto di contatto per gli interessati, l’autorità di controllo e i soggetti interni all’organismo o all’ente. Allo scopo di assicurare la raggiungibilità del RPD, interno o esterno, è importante garantire la disponibilità dei dati di contatto nei termini previsti dal RGPD. Il RPD, supportato da un apposito team se necessario, deve essere in grado di comunicare con gli interessati in modo efficiente e di collaborare con le autorità di controllo interessate. Ciò significa che le comunicazioni in questione devono avvenire nella lingua utilizzata dalle autorità di controllo e dagli interessati volta per volta in causa. Il fatto che il RPD sia raggiungibile – vuoi fisicamente all’interno dello stabile ove operano i dipendenti, vuoi attraverso una linea dedicata o altri mezzi idonei e sicuri di comunicazione – è fondamentale al fine di garantire all’interessato la possibilità di contattare il RPD stesso. È ammessa la designazione di un unico RPD per più autorità pubbliche o organismi pubblici, tenuto conto della loro struttura organizzativa e dimensione. Valgono le stesse considerazioni svolte in tema di risorse e comunicazioni. Poiché il RPD è chiamato a una molteplicità di funzioni, il titolare del trattamento o il responsabile del trattamento deve assicurarsi che un unico RPD, se necessario supportato da un team di collaboratori, sia in grado di adempiere in modo efficiente a tali funzioni anche se designato da una molteplicità di autorità e organismi pubblici.
Fonte: articolo 37, paragrafi 2) e 3), RGPD
5.6. Dove dovrebbe collocarsi il RPD?
Per garantire l’accessibilità del RPD, il Gruppo di lavoro raccomanda la sua collocazione nel territorio dell’Unione europea, indipendentemente dall’esistenza di uno stabilimento del titolare o del responsabile nell’UE. Tuttavia, non si può escludere che un RPD sia in grado di adempiere ai propri compiti con maggiore efficacia operando al di fuori dell’UE in alcuni casi ove titolare del trattamento o responsabile del trattamento non sono stabiliti nel territorio dell’Unione europea.
5.7. Si può designare un RPD esterno?
Sì. Il RPD può far parte del personale del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento (RPD interno) ovvero “assolvere i suoi compiti in base a un contratto di servizi”. In quest’ultimo caso il RPD sarà esterno e le sue funzioni saranno esercitate sulla base di un contratto di servizi stipulato con una persona fisica o giuridica. Se la funzione di RPD è svolta da un fornitore esterno di servizi, i compiti stabiliti per il RPD potranno essere assolti efficacemente da un team operante sotto l’autorità di un contatto principale designato e “responsabile” per il singolo cliente. In tal caso, è indispensabile che ciascun soggetto appartenente al fornitore esterno operante quale RPD soddisfi tutti i requisiti applicabili come fissati nel RGPD. Per favorire efficienza e correttezza e prevenire conflitti di interesse a carico dei componenti il team, le linee guida raccomandano di procedere a una chiara ripartizione dei compiti nel team del RPD esterno, attraverso il contratto di servizi, e di prevedere che sia un solo soggetto a fungere da contatto principale e “incaricato” per ciascun cliente.
Fonte: articolo 37, paragrafo 6, RGPD
5.8. Quali sono le qualità professionali che un RPD deve possedere?
Il RPD “è designato in funzione delle qualità professionali, in particolare della conoscenza specialistica della normativa e delle prassi in materia di protezione dei dati, e della capacità di assolvere i [rispettivi] compiti”. Il livello necessario di conoscenza specialistica dovrebbe essere determinato in base ai trattamenti di dati effettuati e alla protezione richiesta per i dati personali oggetto di trattamento. Per esempio, se un trattamento riveste particolare complessità oppure comporta un volume consistente di dati sensibili, il RPD avrà probabilmente bisogno di un livello più elevato di conoscenze specialistiche e di supporto. Fra le competenze e conoscenze specialistiche pertinenti rientrano le seguenti:
- conoscenza della normativa e delle prassi nazionali ed europee in materia di protezione dei dati, compresa un’approfondita conoscenza del RGPD;
- familiarità con le operazioni di trattamento svolte;
- familiarità con tecnologie informatiche e misure di sicurezza dei dati;
- conoscenza dello specifico settore di attività e dell’organizzazione del titolare/del responsabile;
- capacità di promuovere una cultura della protezione dati all’interno dell’organizzazione del titolare/del responsabile.
Fonte: articolo 37, paragrafo 5 , RGPD
Posizione del RPD
5.9. Quali sono le risorse che titolare del trattamento o responsabile del trattamento dovrebbero mettere a disposizione del RPD?
Il RPD deve disporre delle risorse necessarie per assolvere i propri compiti. A seconda della natura dei trattamenti, e delle attività e dimensioni della struttura del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento, il RPD dovrebbe poter contare sulle seguenti risorse:
- supporto attivo della funzione di RPD da parte del senior management;
- tempo sufficiente per l’espletamento dei compiti affidati;
- supporto adeguato in termini di risorse finanziarie, infrastrutture (sede, attrezzature, strumentazione) e, ove opportuno, personale;
- comunicazione ufficiale della designazione del RPD a tutto il personale;
- accesso garantito ad altri servizi all’interno della struttura del titolare/del responsabile del trattamento in modo da ricevere tutto il supporto, le informazioni o gli input necessari;
- formazione permanente.
Fonte: articolo 38, paragrafo 2, RGPD
5.10. Quali sono le garanzie che possono consentire al RPD di operare con indipendenza? Cosa significa “conflitto di interessi”?
Vi sono numerose garanzie che possono consentire al RPD di operare in modo indipendente:
- nessuna istruzione da parte del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento per quanto riguarda lo svolgimento dei compiti affidati al RPD;
- nessuna penalizzazione o rimozione dall’incarico in rapporto allo svolgimento dei compiti affidati al RPD;
- nessun conflitto di interessi con eventuali ulteriori compiti e funzioni.
Gli “altri compiti e funzioni” del RPD non devono comportare conflitti di interessi. Ciò significa, in primo luogo, che il RPD non può rivestire, all’interno dell’organizzazione del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento, un ruolo che comporti la definizione delle finalità o modalità del trattamento di dati personali. Si tratta di un elemento da tenere in considerazione caso per caso guardando alla specifica struttura organizzativa del singolo titolare del trattamento o responsabile del trattamento.
A grandi linee, possono sussistere situazioni di conflitto all’interno dell’organizzazione con riguardo a ruoli manageriali di vertice (amministratore delegato, responsabile operativo, responsabile finanziario, responsabile sanitario, direzione marketing, direzione risorse umane, responsabile IT), ma anche rispetto a posizioni gerarchicamente inferiori se queste ultime comportano la determinazione di finalità o mezzi d el trattamento. Inoltre, può insorgere un conflitto di interessi se, per esempio, a un RPD esterno si chiede di rappresentare il titolare del trattamento o il responsabile del trattamento in un giudizio che tocchi problematiche di protezione dei dati.
Fonte: articolo 38, paragrafi 3 e 6, RGPD
Compiti del RPD
5.11. Che cosa si intende per “sorvegliare l’osservanza”?
Fanno parte di questi compiti di controllo del RPD, in particolare,
- la raccolta di informazioni per individuare i trattamenti svolti;
- l’analisi e la verifica dei trattamenti in termini di loro conformità, e
- l’attività di informazione, consulenza e indirizzo nei confronti di titolare del trattamento o responsabile del trattamento.
Fonte: articolo 39, paragrafo 1, lettera b), RGPD
5.12. Il RPD è personalmente responsabile in caso di inosservanza degli obblighi in materia di protezione dei dati?
No, il RPD non è responsabile personalmente in caso di inosservanza degli obblighi in materia di protezione dei dati. Spetta al titolare del trattamento o al responsabile del trattamento garantire ed essere in grado di dimostrare che il trattamento è effettuato conformemente al regolamento. La responsabilità di garantire l’osservanza della normativa in materia di protezione dei dati ricade sul titolare del trattamento o sul responsabile del trattamento.
5.13. Quale ruolo spetta al RPD con riguardo alla valutazione di impatto sulla protezione dei dati e alla tenuta del registro dei trattamenti?
Per quanto concerne la valutazione di impatto sulla protezione dei dati, il titolare del trattamento o il responsabile del trattamento dovrebbero consultarsi con il RPD, fra l’altro, sulle seguenti tematiche:
- se condurre o meno una DPIA;
- quale metodologia adottare nel condurre una DPIA;
- se condurre la DPIA con le risorse interne ovvero esternalizzandola;
- quali salvaguardie applicare, comprese misure tecniche e organizzative, per attenuare i rischi per i diritti e gli interessi delle persone interessate;
- se la DPIA sia stata condotta correttamente o meno, e se le conclusioni raggiunte (procedere o meno con il trattamento, e quali salvaguardie applicare) siano conformi ai requisiti in materia di protezione dei dati.
Per quanto riguarda il registro dei trattamenti, la sua tenuta è un obbligo che ricade sul titolare del trattamento o sul responsabile del trattamento, e non sul RPD. Cionondimeno, niente vieta al titolare del trattamento o al responsabile del trattamento di affidare al RPD il compito di tenere il registro delle attività di trattamento sotto la responsabilità del titolare o del responsabile stesso. Tale registro va considerato uno degli strumenti che consentono al RPD di adempiere agli obblighi di sorveglianza del rispetto del regolamento, informazione e consulenza nei riguardi del titolare del trattamento o del responsabile del trattamento.
Fonte: articolo 39, paragrafo 1, lettera c) e articolo 30, RGPD
Bruxelles, 13 dicembre 2016 Per il Gruppo di lavoro, La presidente Isabelle FALQUE – PIERROTIN |
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Versione emendata e adottata in data 5 aprile 2017 Per il Gruppo di lavoro La presidente Isabelle FALQUE – PIERROTIN |
nota* GRUPPO DI LAVORO ARTICOLO 29 PER LA PROTEZIONE DEI DATI Il Gruppo di lavoro è stato istituito in virtù dell’articolo 29 della direttiva 95/46/CE. È l’organo consultivo indipendente dell’UE per la protezione dei dati personali e della vita privata. I suoi compiti sono fissati all’articolo 30 della direttiva 95/46/CE e all’articolo 15 della direttiva 2002/58/CE. Le funzioni di segreteria sono espletate dalla direzione C (Diritti fondamentali e Stato di diritto) della Commissione europea, direzione generale Giustizia e consumatori, B – 1049 Bruxelles, Belgio, ufficio MO59 05/35. Sito Internet: http://ec.europa.eu/justice/data-protection/index_en.htm16/ITWP243rev. 01 [torna su]
nota1 Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (GU L 119,4.5.2016).Il RGPD è rilevante ai fini del SEE e sarà applicabile una volta incorporato nell’Accordo relativo al SEE. [torna su]
nota2 La nomina di un RPD è obbligatoria anche con riguardo alle autorità competenti di cui all’articolo 32 della direttiva (UE) 2016/680 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, relativa alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali da parte delle autorità competenti ai fini di prevenzione, indagine, accertamento e perseguimento di reati o esecuzione di sanzioni penali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la decisione quadro 2008/977/GAI del Consiglio (GU L 119, 4.5.2016), alla luce della normativa nazionale di recepimento. Le presenti linee guida guardano con particolare attenzione alla figura del RPD come prevista dal RGPD, ma le indicazioni in esse formulate valgono anche per i RPD previsti dalla direttiva 2016/680 con riferimento alle disposizioni di carattere analogo contenute nei due strumenti. [torna su]
nota36 L’articolo 24, paragrafo 1, prevede che “Tenuto conto della natura, dell’ambito di applicazione, del contesto e delle finalità del trattamento, nonché dei rischi aventi probabilità e gravità diverse per i diritti e le libertà delle persone fisiche, il titolare del trattamento mette in atto misure tecniche e organizzative adeguate per garantire, ed essere in grado di dimostrare, che il trattamento è effettuato conformemente al presente regolamento. Dette misure sono riesaminate e aggiornate qualora necessario”. [torna su]